Il Revd. Austin K. Rios
29 ottobre 2023: Proprio 25

In questa città di monumenti e statue, la cui memoria collettiva risale a prima del tempo di Cristo, è difficile sfuggire alla questione dell’eredità.

Roma è uno strano miscuglio di eredità imperiali che si intersecano con le storie dei santi – e in certe epoche storiche può essere difficile distinguere le due cose.

Ma qui, nel nostro tempo, la questione dell’eredità è ancora importante, anche se il nostro mondo sta soffrendo sotto la duplice minaccia della guerra e del cambiamento climatico che ci porta a contemplare seriamente la possibilità della nostra stessa estinzione.

Che tipo di eredità stiamo lasciando come coloro che cercano di proclamare un regno che sopravviva a tutti gli imperi e come coloro che cercano di essere forze di speranza e di bene nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e nel nostro mondo?

Oggi incontriamo Mosè appollaiato sul Monte Pisgah, che guarda attraverso la valle del Giordano verso la terra oggi chiamata Cisgiordania e affronta il fatto che il viaggio della sua vita sta per finire.

La Torah cita la disobbedienza di Mosè a Dio in Numeri 20 come il motivo per cui gli viene impedito di entrare nella terra promessa: invece di parlare alla roccia per produrre acqua per il popolo assetato, come Dio aveva ordinato, egli colpisce la roccia con il suo bastone.

Dio interpreta questa scelta come una mancanza di fede, anche se noi vorremmo vederla come uno sfortunato cavillo, e a Mosè viene così impedito di entrare nella terra della promessa.

Ma l’eredità di Mosè, anche se la sua storia è piena di fallimenti umani come l’infedeltà e l’omicidio, non riguarda tanto la sua vita quanto quella che trasmette al popolo.

Sono Giosuè e la generazione successiva a tramandare la storia dell’Esodo, a testimoniare la continua presenza di Dio quando le acque del Giordano si separano davanti a loro proprio come fecero per Mosè e gli israeliti nel Mar Rosso.

Sono loro, non Mosè, a diventare gli amministratori della legge per le generazioni successive.

Gesù, in quanto fedele ebreo, è il destinatario di questa eredità e la sua risposta all’avvocato nel Vangelo di Matteo riguardo al comandamento più grande combina sezioni del Deuteronomio e del Levitico per proclamare l’amore per Dio e l’amore per il prossimo come le due facce uguali della medaglia della fede.

Siamo i destinatari di questa eredità, la miscela di legge e profeti e la testimonianza di Gesù Cristo e della comunità conosciuta come Chiesa, che a volte ha rappresentato bene questa eredità e a volte l’ha profondamente macchiata.

I monumenti e le statue di questa città riflettono lo stesso retaggio conflittuale della Chiesa dei nostri giorni.

La nostra eredità di fede è costituita da scandali sessuali e di abusi, dal tacito sostegno a politiche disumanizzanti che hanno portato a guerre e alla dottrina della scoperta e da un’inflessibilità che privilegia il mantenimento dell’istituzione a tutti i costi?

Oppure la nostra eredità può essere qualcos’altro che va al cuore di ciò che Mosè, Gesù e i nostri più brillanti antenati nella fede hanno cercato di trasmettere?

Ebbene, sono qui e faccio parte di questa Chiesa perché credo che esista un modo per assumerci la responsabilità delle perversioni della nostra eredità e impegnarci a lasciare un’eredità d’amore che rifletta più chiaramente i contorni dell’eternità che conosciamo in Cristo.

Il percorso per farlo implica il riconoscimento dei danni e delle ferite fatte in nome della Chiesa, così come la nostra complicità nei sistemi che hanno beneficiato del potere e dell’influenza che un’eredità di accomodamento ci ha dato.

Ma se ci fermiamo qui, non riusciremo a mantenere la promessa della vera eredità che siamo chiamati a incarnare.

Dobbiamo essere noi a far risplendere le nostre vite con la speranza del Vangelo: siamo noi a scoprire come l’amore per Dio e l’amore per il prossimo siano la bussola inseparabile e reciprocamente informatrice delle nostre vite.

In realtà questo significa che dobbiamo dedicarci alla pratica della preghiera e dell’adorazione corporativa, perché è in questo incontro che ci ricordiamo che amare Dio da soli non è sufficiente e che amare il prossimo non è sufficiente.

Ci troviamo faccia a faccia con Dio nello stesso momento in cui ci troviamo faccia a faccia con i nostri vicini, provenienti da tutto il mondo, che stiamo imparando ad amare in modi più trasformativi e profondi.

E per quelli di noi che sono più anziani, dobbiamo impegnarci a trasmettere la saggezza che abbiamo acquisito durante una vita di incarnazione di questo grande comandamento.

Chi sono i Giosuè che devono portare avanti l’eredità al di là di dove possiamo andare noi?

Chi sono le Maria Maddalena e i Paolo che proclameranno il potere della resurrezione in un’epoca che ha disperatamente bisogno di sentirlo?

Chi sono gli Howard Thurman che troveranno ispirazione dalla resistenza nonviolenta di Gandhi, allineata a Gesù, e poi trasmetteranno questa eredità a Martin Luther King, Jr e a molti altri?

Credo che siano qui tra noi e nelle strade e che abbiano bisogno di tutto l’incoraggiamento e il sostegno che possiamo dare.

Ognuno di noi è stato dotato da Dio di strumenti per lasciare il mondo migliore di come l’ha trovato, compreso il dono di questa comunità incentrata su Cristo e incentrata sul raccogliere, nutrire e inviare.

Dedica un po’ di tempo questa settimana a riflettere su come puoi usare i tuoi doni affinché l’eredità profonda e vera che abbiamo come membri del Corpo di Cristo possa prosperare nella tua famiglia, nel tuo quartiere e in tutti i circoli di influenza più ampi in cui ti muovi.

Amare Dio e amare il prossimo non è facile.

Ma se ci preoccupiamo di tramandare questa eredità più che quella associata ai nostri nomi e alle nostre fortune familiari o a quella fratturata della collaborazione della nostra Chiesa con gli interessi imperiali, allora Dio ci fornirà i mezzi e la saggezza per farlo.

Possiamo prendere il nostro posto nella storia della fede che ci ha preceduto e che continuerà dopo di noi, e possiamo gioire insieme per le anticipazioni della destinazione finale che condividiamo in questa vita.

E quando amiamo veramente Dio e iniziamo a vedere gli altri come vicini invece che come nemici, come hanno fatto i nostri migliori antenati, allora l’amore può cambiare il corso della storia e noi possiamo rispondere fedelmente alle sfide intrattabili della nostra epoca.