Il Revd. Austin K. Rios
8 ottobre 2023: Proprio 22

I livelli di ansia per il declino numerico e l’indebolimento dell’influenza della Chiesa nel mondo occidentale sembrano essere ai massimi livelli.

Soprattutto negli Stati Uniti, e in particolare all’interno della nostra Chiesa Episcopale, il clero, le parrocchie e le diocesi sono alla ricerca di soluzioni per invertire la tendenza al calo delle presenze, alla diminuzione delle donazioni e delle promesse e alla diminuzione del peso politico.

Anche se noi di St. Paul’s e della Convocazione della Chiesa Episcopale in Europa non siamo immuni da queste preoccupazioni, le viviamo in modo diverso.

L’Europa si trova più avanti nel continuum del “post-cristianesimo” rispetto agli Stati Uniti e, per questo motivo, andare in chiesa qui è una scelta più intenzionale – oserei dire rivoluzionaria – rispetto alle parti del mondo occidentale che ancora conservano alcune vestigia dei benefici sociali dell’appartenenza alla chiesa.

Se sei qui oggi e vieni qui ogni domenica per far parte di questa comunità di fedeli e di ciò che Dio sta facendo in mezzo a noi, credo che tu abbia una profonda convinzione di quanto sia necessario questo incontro.

Quelli di voi che tirano fuori i bambini dal letto, li vestono e guidano per ore per essere qui – quelli di voi che sfidano i trasporti pubblici incoerenti – quelli di voi che hanno cicatrici da persone e luoghi che si dichiaravano cristiani ma che praticavano forme di religione abusive – voi venite qui perché nel profondo del vostro cuore sapete che avete BISOGNO di essere qui.

La partecipazione a questa comunità è andata oltre un semplice desiderio, ma è diventata una parte necessaria di ciò che sei e di ciò che stai diventando.

E al centro di questo viaggio verso la nostra identità più profonda c’è la convinzione a cui Paolo dà voce nella sua lettera ai Filippesi.

Che la nuova creazione in Cristo è tutto.

Paolo sta affermando, scrivendo dall’interno di una cella di prigione, che conoscere e vivere la via di Cristo nel modo più completo e fedele possibile ha riordinato la sua intera vita.

Sta cercando di convincere i suoi uditori che, in Cristo, i segni esteriori di distinzione tra Giudeo e Gentile non costituiscono una barriera alla piena partecipazione alla comunità condivisa.

I gentili non hanno bisogno di diventare circoncisi per seguire Cristo e gli ebrei non hanno bisogno di essere incirconcisi.

Né l’uno né l’altro gruppo hanno bisogno di sminuire le loro peculiarità culturali per potervi appartenere.

La buona notizia di Dio che Paolo proclama con tanta passione è che l’unicità di ciascuno di noi e le tribù che rappresentiamo non sono più barriere alla relazione, ma sono invece diventate componenti preziose e necessarie del grande mosaico della nuova creazione che Dio ha iniziato in Cristo.

E alla luce di questo vangelo di liberazione e riconciliazione, tutte le altre attività sembrano piccole al confronto.

Paolo dice di considerare i guadagni ottenuti come fedele zelota osservante come spazzatura rispetto alla potenza di questa nuova creazione.

Rimane un ebreo fedele, con tutta la formazione sociale e religiosa che ne consegue, ma il suo obiettivo finale è quello di lavorare per un mondo in cui coloro che non sono stati formati nello stesso modo appartengano pienamente alla comunità che Cristo rende possibile.

Paolo sa che ci saranno delle resistenze a questo modo di essere, ma è così sicuro di ciò che Dio ha fatto in Cristo e di come la sua vita sia stata trasformata di conseguenza, che continuerà a camminare di fronte a qualsiasi opposizione.

Non nel modo cieco e ostinato che nasce da una stima superficiale degli altri o da un semplice desiderio di resistere al cambiamento, l’energia di Paolo nel continuare a camminare riguarda l’essere sommamente amato e benevolmente integrato nel corpo di Cristo e non si ferma davanti a nulla che non sia vedere quell’amore e quella grazia estesi a tutta la creazione.

Sa che non vedrà tutto questo realizzato durante la sua vita, ma questo lo spinge a sfruttare il tempo che ha a disposizione e ad aiutare gli altri a conoscere la sua stessa libertà.

L’eredità e l’esempio del nostro santo patrono sarebbero difficili da seguire se rimanessimo ancorati a un mondo in cui i confronti sono più significativi della compagnia.

Chi sono io e cosa posso fare per rivaleggiare con l’efficace diffusione del Vangelo da parte di Paolo, che alla fine ha rimodellato l’Impero Romano e il mondo intero?

La risposta è che sei un amato membro dello stesso Corpo di Cristo, con accesso alle stesse infinite riserve di amore e allo stesso Spirito Santo.

Sei collegato a Cristo, a Paolo, a un’infinita nuvola di testimoni e gli uni agli altri in questa chiesa di San Paolo entro le Mura per testimoniare insieme che è questo tipo di comunità a guarire il mondo.

Ognuno di noi è stato dotato da Dio per arricchire la nostra testimonianza comune e più onoriamo e celebriamo questi doni e mostriamo al mondo che le nostre benedette differenze non impediscono la comunità, ma anzi la rendono possibile, più iniziamo a vedere le misure che il mondo usa per definirci come prive di valore.

Rifiuti e sterco che sarebbe meglio lasciarsi alle spalle mentre ci incamminiamo insieme verso il vero.

Quindi continuiamo a camminare – pur sapendo di essere imperfetti e di non riuscire ad amare e ad agire come vorremmo – perché Cristo ci ha fatti suoi e il suo amore e la sua grazia sono più grandi dei nostri peccati.

Continuiamo a camminare anche quando le forze sembrano schierate contro di noi e la luce delle nostre vite sembra poca cosa rispetto al peso della sofferenza e della discordia nel nostro mondo.

Continuiamo a camminare, collegandoci a Dio e gli uni agli altri attraverso la preghiera e lavorando insieme per vedere la visione del Vangelo condivisa sulla terra, così come crediamo sia già stata realizzata in cielo.

Non mancano gli impedimenti e le sfide che minacciano di dissuaderci da questa missione.

Tragedie personali, livelli di energia in calo, priorità in competizione per la nostra attenzione e il nostro tempo.

La delusione quando i membri del corpo falliscono, la vergogna quando noi falliamo con gli altri, l’insicurezza sul nostro ruolo nella testimonianza condivisa o sulle nostre capacità.

Paolo ha affrontato queste stesse sfide e generazioni di nostri antenati nella fede hanno fatto lo stesso.

Si sono occupati di questi importanti aspetti del rafforzamento della vita individuale e comunitaria, chiedendo l’aiuto di Dio lungo il cammino.

Ma non hanno permesso che questi segni della nostra umanità, né le fragilità ad essi associate, incombessero più della nuova creazione verso cui marciavano.

E poiché continuarono a camminare, sperimentarono un assaggio della pienezza del regno di Dio durante la loro vita.

Anticipazioni che li convinsero sempre di più che le sofferenze dell’epoca attuale non erano nulla in confronto alla realtà eterna che conoscevano attraverso Cristo.

I dati sulla frequenza della chiesa, sull’influenza della nostra chiesa in senso lato e sulle tendenze religiose e spirituali meritano di essere analizzati e possono essere utili per aiutarci a entrare meglio in contatto con coloro che credono che non abbiamo nulla da offrire.

Ma piuttosto che dare priorità a queste preoccupazioni e crogiolarci nell’ansia e nell’incertezza, forse noi, convinti, potremmo provare a sporgerci nella pienezza della nostra chiamata.

Continuare a camminare insieme, sostenendoci l’un l’altro, andando oltre i confini della nostra chiesa, radicandoci sempre di più nella gioia e nel mistero di questa nuova comunità che condividiamo in Cristo.

La chiesa di San Paolo è testimone di come questo ci avvicini alla nuova creazione in cui la lingua, la nazionalità, la denominazione e la posizione sociale non ci allontanano gli uni dagli altri, ma rendono la nostra proclamazione del Vangelo più ricca e più ampia.

Continuiamo a camminare insieme, cari amici in Cristo, “dimenticando ciò che sta dietro e tendendo verso ciò che sta davanti”, affidando a Dio le nostre paure, i nostri fallimenti, le nostre ansie e i risultati.

Cristo sarà in mezzo a noi mentre continuiamo a camminare e, a prescindere dalle sofferenze che incontreremo, non le sopporteremo da soli, ma gli uni con gli altri e con il Dio che continua a chiamarci avanti.