Il Rev.do Dott. Francisco Alberca
27 agosto 2023: Proprio 16

Oggi la parola ci porta a meditare sul modo in cui confessiamo il Santo Nome della Seconda Persona della Trinità; cioè, di Gesù Cristo Nostro Signore.

La lettura del Vangelo è incentrata sulla figura di san Pietro, portavoce degli apostoli.

San Matteo presenta la famosa “confessione di San Pietro” e la risposta di Gesù a quella confessione di fede.

L’evento si svolge a Cesarea di Filippo, regione pagana nell’antico territorio della Palestina, come presagio che la missione di Pietro e degli apostoli non si limiterà alla propria patria o alla propria terra, ma sarà universale.

Devono essere disposti a raggiungere le regioni pagane e seguire il Maestro ovunque voglia condurli.

Sarà l’amico infallibile, con il quale hanno condiviso tanti momenti, durante la loro vita terrena.

Una vera amicizia si basa su una fiducia illimitata.

Il vero amico è colui che è con te quando ne hai più bisogno.

Gesù vuole sapere fino a che punto i suoi discepoli sono disposti a seguirlo.

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

Così Pietro rispose a quell’esame, parlando per sé e per gli altri apostoli.

È una professione di fede che va oltre quella espressa dalla gente.

Gesù non è un semplice profeta; è molto di più.

Egli è il Messia tanto atteso, l’Unto di Dio, veramente il Figlio di Dio stesso.

Conoscendolo e rimanendo con lui, Pietro e gli apostoli possiedono l’autentica presenza di Dio, quella “luce attraente” che non si può disprezzare né rinunciare.

Oggi Gesù pone a ciascuno di noi questa stessa domanda: e tu, chi dici che io sia?

non si tratta di rispondere con belle parole tratte da un libro di poesie, si tratta di rispondere con la nostra vita.

Oggi vale la pena chiederci: come rispondo a questa importante domanda che Gesù mi fa?

La risposta deve essere un’analisi di tutta la nostra vita, nell’aspetto familiare, nel lavoro, nella vita pubblica, nella nostra comunità di fede.

Dobbiamo sempre tenere presente ciò che Gesù si aspetta da noi in questo preciso spazio e tempo.

Lasciamoci chiamare dal Signore con il nome che riterrà più opportuno per ciascuno di noi, secondo il nostro stile e tipo di vita e la fede che professiamo.

Gesù dà a Pietro un nuovo nome e quel nuovo nome include una nuova missione.

Nelle parole di Gesù “E io ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” Gesù accoglie la risposta di Simon Pietro.

Dargli un nuovo nome significa una nuova vocazione e missione.

Ora partecipa alla missione stessa di Cristo, cioè Pietro diventa compagno di viaggio di nostro Signore nella ricostruzione del nuovo Israele, nella costruzione della nuova casa e famiglia di Dio; nel movimento di Gesù, come dice sempre il nostro Vescovo Michael Curry.

Gesù Cristo è la pietra angolare di questo nuovo “edificio”.

A partire da Pietro, tutti gli apostoli e i loro seguaci sono destinati a partecipare a questa vocazione e missione di Cristo loro Maestro, riconosciuto da loro come il Figlio del Dio vivente.

La legittimità del suo ruolo deriva da questo mandato conferito a Pietro.

Da qui nasce anche la certezza che, finché rimarranno fedeli a questo mandato, nessun potere terrestre o sovrumano prevarrà su di loro.

Pietro e gli apostoli mettono in discussione la nostra vita mediocre e riconsiderano la nostra sequela di Gesù Cristo.

L’essenza di questa storia risiede nel riconoscimento da parte di Pietro dell’autentica identità di Gesù, dove possiamo chiaramente vedere la presenza ispiratrice dello Spirito Santo.

Pertanto, il contenuto trinitario della scena è più che evidente.

Non è, quindi, un fondamento umano.

La Chiesa è una realtà trascendente basata sulla presenza di Dio.

Ma questo, a sua volta, va assunto con enorme umiltà, evitiamo di darci titoli, usiamo solo quelli che ci danno la benevolenza e la sapienza di Dio.

Seguendo l’esempio di Pietro, anche noi auspichiamo un finale positivo.

Perché la nostra storia personale è un mosaico di confessioni di fede e smentite, entusiasmi e sconforti, successi e fallimenti.

Ma una tale situazione non dovrebbe portarci all’angoscia, tanto meno alla nevrosi.

Questa è la nostra condizione umana, incrocio fra il bene e il male quasi allo stesso tempo.

Perciò, se siamo fedeli al Signore, rallegriamoci; se lo deludiamo, continuiamo a fidarci intensamente della sua infinita misericordia.

Dio ci promette il suo aiuto, è sempre pronto ad aiutarci.

Ma è anche vero che tante volte la nostra testardaggine supera ogni limite, tante volte disprezziamo quella mano forte e sicura e preferiamo la nostra indipendenza, la nostra autonomia, la nostra libertà che mal utilizzata si trasforma facilmente in libertinaggio.

Agendo così, molte volte rischiamo la nostra salvezza, mettendo in pericolo imminente ciò che vale di più in questa vita e nell’altra.

Combattiamo per essere sempre fedeli ai nostri principi di cristiani, alla nostra fede, alla nostra vocazione, cercando sempre di vincere le piccole battaglie per vincere finalmente la grande guerra.

Cosi sia. Amen!